Pubbliche amministrazione ed imprese attente all’ambiente, riunite presso la sede CISL di Firenze, hanno parlato di filiera corta e di altri modi per ridurre l’impronta ecologica nel settore della ristorazione collettiva. L’iniziativa si inserisce nell’ambito del progetto “Gas e acquisti verdi con CISL” cofinanziato dalla Regione Toscana con il bando GO GREEN.
Nella presentazione dell’iniziativa gli organizzatori hanno evidenziato le criticità ambientali legate ad un modo di vivere e di consumare ormai diffuso su scala planetaria. Ogni cittadino europeo acquista circa 700 kg di alimenti e produce circa 600 kg di rifiuti ogni anno, le malattie legate al consumo eccessivo di alimenti sono in costante aumento, e il cibo e la produzione di cibo hanno un’impronta ecologica molto alta. L’agricoltura ha un grande impatto sull’ambiente; si pensi solo al consumo di acqua, per non parlare dell’allevamento di animali, che genera un’impronta ecologica rilevante. Oggi siamo circa 7 miliardi di persone sulla Terra, e siamo in aumento.
Si stima che il consumo annuo di carne sia pari a 4 animali a testa.. L’allevamento degli animali impatta sulla risorsa idrica, ma genera anche emissioni in atmosfera; il 18% delle emissioni di gas serra (metano, CO2 e ossido di azoto) provengono dagli allevamenti. Oltre a ciò, i reflui derivanti dagli allevamenti spesso sono fonti di inquinamento per le risorse idriche. Ci sono poi da considerare altri aspetti, quali lo sfruttamento del terreno, sia quantitativo (si consideri la quantità di suolo che viene utilizzata per creare cibo per gli animali), che qualitativo: le colture di tipo intensivo finiscono per stremare i terreni che divengono sterili.
Pensiamo poi all’inquinamento legato al trasporto delle derrate alimentari: oggi alcuni alimenti provengono da zone di produzione molto lontane dalle zone di consumo; se un cibo deve essere trasportato in aereo, il suo impatto sull’ambiente è notevole. Le produzioni locali hanno un impatto che è 300 volte inferiore rispetto al trasporto di derrate alimentari che vengono trasportate via aereo.
Inoltre, almeno nei paesi occidentali, gli sprechi di cibo sono molto alti; si stima che ogni anno 515 euro di prodotti alimentari vengono gettati via perché appena dopo l’acquisto si deteriorano, o perché acquistati senza che vi sia un reale bisogno.
Sempre più i prodotti alimentari sono imballati e questo fa aumentare la produzione dei rifiuti oltre che il prezzo. L’imballaggio incide infatti sul costo complessivo del prodotto in misura del 30%.
Come è possibile arginare questo scenario? Gli organizzatori hanno evidenziato che ogni persona può fare qualcosa, acquistando prodotti ecologici, equo-solidali e locali, riducendo il consumo di carne, seguendo una dieta rispettosa non solo della “piramide alimentare”, ma anche di quella ambientale, e scegliendo prodotti privi di imballaggi.
La filiera corta è un modo per ridurre l’impronta ecologica. Nella nostra regione la filiera corta è oggetto di attenzione ormai da diversi anni, dal 2006 ed ancora oggi; in questo mandato rimane al centro del programma politico dell’Assessorato all’Agricoltura.
Come è nata l’esperienza toscana della filiera corta? Già a metà degli anni 2000 la Regione Toscana, attraverso fiere periodiche a cadenza per lo più annuale, promuoveva prodotto tipici del territorio. Questo era vantaggioso per i produttori, che avevano la possibilità di fare conoscere al pubblico prodotti di alta qualità, fortemente tipici, ma i clienti spesso avevano difficoltà a ritrovare sul mercato quei prodotti. Bisognava creare un circuito che divenisse stabile e momento di incontro continuo tra produttore e consumatore: nasce in questo modo il progetto filiera corta, con delibera della Giunta Regionale Toscana n. 335 del 14/05/2007.